martedì 9 agosto 2011

COME SCEGLIERE LA SCUOLA PIÙ ADATTA AI PROPRI FIGLI

di Sergio Fenizia
Pubblicato sul mensile Fogli, n. 353, gennaio 2010, pp. 10 e 11.

Il momento delle preiscrizioni dei figli a scuola è sempre stato delicato, sia che si tratti della scuola dell’infanzia, sia che si tratti dei gradi successivi, dalla primaria alla secondaria di secondo grado.

Con queste righe desideriamo analizzare alcuni aspetti di una fase importante nella vita di un genitore, quella in cui deve orientare i propri figli verso un determinato iter di studi, o verso un istituto piuttosto che un altro, o verso un
ambiente educativo con certe caratteristiche e non con altre.

Sono molti coloro che sentono il peso e la gioia di una scelta che, alla lunga, risulta essere quella che maggiormente incide sul futuro dei figli.

Perché, c’è poco da fare, i giovani sono delle spugne. Dovunque si trovino, assorbono tutto, il buono e il meno buono, gli stili di vita e addirittura i gusti. Poiché scelgono soprattutto per emulazione, e poiché non si può prevedere con quale modello si identificheranno, è determinante garantire loro l’ambiente migliore tra quelli possibili.

Ovviamente, non si può imporre la simpatia o la stima verso un docente determinato, né tanto meno verso certi compagni più «raccomandabili». Ma qualcosa, molto, si può comunque fare. Se di solito si pondera bene la scelta della casa o dell’auto, a maggior ragione bisognerà farlo per la scuola, evitando considerazioni meramente emotive o poco lungimiranti.

Dev’essere una scelta razionale, alla base della quale dev’esserci chiarezza su ciò che essenzialmente si cerca e su quali sono i criteri in base ai quali operare il confronto tra le molteplici opportunità che offrono, rispettivamente, la società civile, la Chiesa, lo Stato.

Non esiste una scuola perfetta. Tutto sta, quindi, nell’individuazione del parametro essenziale: l’effettiva capacità che quel determinato ambiente educativo ha di aiutare il giovane a diventare una persona, in fin dei conti, veramente felice, libera, responsabile.

L’esperienza della forte influenza che i ragazzi subiscono dagli insegnanti, dai compagni, dal clima generale dell’istituto, rafforza le motivazioni per affrontare con atteggiamento di studio un tema difficile. Difficile perché non è facile reperire informazioni sicure e approfondite. Ma difficile anche per motivi psicologici. Infatti non tutti sanno prescindere dalle mode, né rendersi adeguatamente conto della soggezione mediatica a cui ciascuno è esposto nella nostra società multimediale.

Per gli adolescenti si aggiunge la dipendenza, quasi fisiologica, dal gruppo, che incide enormemente sulla loro autonomia. Un’autonomia che, però, sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà quella che i loro genitori sapranno dimostrare. Senza esserne succubi, i genitori dovranno tenere conto dei talenti dei figli, delle loro aspirazioni. Dovranno conoscerli bene, avendo cercato un dialogo profondo, nel quale li si ascolta più di quando non gli si facciano inutili raccomandazioni.

In alcuni casi si notano delle analogie con quel timore che, nel mondo sanitario, paralizza alcuni medici e li induce a volte a scelte che giovano meno al paziente e più alla propria tranquillità: le denunce oggi sono dietro l’angolo. Ma un genitore non può cedere al timore che il figlio, un domani, possa rinfacciargli di avere scelto senza adeguata oculatezza.

Non può, senza mortificare la propria dignità di adulto e di genitore, lasciarsi inibire da tale (comprensibile) preoccupazione. Significherebbe scaricare sul giovane tredicenne/quattordicenne la responsabilità di una scelta che lo affascina, ma per la quale non ha gli strumenti culturali e di maturità umana. Se un genitore può sbagliare, con quanta maggiore probabilità potrà farlo il figlio.

Bisogna fare i conti con la realtà. Il bene del figlio, il suo futuro dipende molto dalla qualità dell’ambiente educativo della scuola che frequenterà. Dalla moralità e dalla professionalità degli insegnanti nelle cui mani sarà affidato. Ma la qualità ha un costo, in termini economici o, comunque, sempre in termini di sacrificio. Bisognerà resistere alla tentazione della «scuola vicino casa» o di quella «rinomata».

Bisognerà mettersi in discussione, vincendo la tentazione della «scuola complice»: lei non ricorda a me che per l’educazione di mio figlio il mio esempio è fondamentale, e io non esigo da lei che educhi mio figlio, accontentandomi che lo istruisca. Poi, se le nozioni che avrà acquisito le userà per fare il bene o per fare il male, insieme faremo finta di pensare che la cosa non ci riguarda. Come ha scritto una brava giornalista, è necessario conoscere i reali princìpi pedagogici che informano l’attività di una data scuola, i valori sui quali si basa l’azione dei docenti, gli strumenti attraverso i quali i genitori possono interagire, la qualità dei rapporti fra genitori e insegnanti.

Sarà una buona scuola quella che svolgerà la sua funzione di attiva collaborazione nell’azione educativa della famiglia, alla quale compete in prima istanza il compito di educare. Scelto l’istituto in base a criteri validi, poco importa se bisognerà stringere un po’ la cinghia o se, per accompagnare e riprendere i figli, si dovrà percorrere qualche chilometro in più.

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