giovedì 25 agosto 2011

CROCIFISSO NELLE AULE; E NEI CORRIDOI?

di Sergio Fenizia
Pubblicato sul mensile Fogli, n. 356, aprile 2010, pp. 10 e 11.

Nel momento in cui scriviamo le principali questioni che possono interessare la nostra rubrica sembrano due: la vicenda della sentenza della Corte di Strasburgo sulla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche e l’introduzione di distributori automatici di preservativi in una scuola romana.
Entrambi i temi sono oggetto di pubblica discussione. Molti insegnanti e molti genitori approfittano dell’occasione per fare riflettere i propri alunni e figli. È naturale che le opinioni siano le più diverse, ma ciascuno con onestà intellettuale saprà offrire agli studenti/figli elementi seri affinché possano formarsi un personale e fondato giudizio su questioni che non sono certo tra le meno rilevanti nella vita di una persona sia pur giovane.
Il tema del crocifisso è tornato di attualità ai primi di marzo, dopo l’annuncio del ministro degli Esteri Franco Frattini che ha espresso vivo compiacimento alla notizia dell’accoglimento, da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, della domanda di rinvio davanti alla Grande Camera del caso Lautsi. 
Non pochi Paesi avevano manifestato il proprio sostegno al ricorso italiano, perché il nuovo indirizzo giurisprudenziale potrebbe limitare in futuro anche la loro possibilità di regolare i rapporti con le confessioni religiose secondo le norme del proprio ordinamento e le proprie tradizioni culturali.
Si apre adesso una nuova fase nella quale ci sarà anche spazio per ulteriori chiarificazioni riguardo al ruolo che il crocifisso ha per la storia e per la cultura italiana ed europea, e di conseguenza anche per l’istruzione-educazione dei giovani.
Tra gli spunti emersi nelle settimane precedenti, a parte i numerosi riferimenti all’articolo di Natalia Ginzburg, «Quella croce rappresenta tutti» (L’Unità, 22 marzo 1988), ai più attenti non sono sfuggite le interessanti considerazioni giuridiche di Cesare Salvi, già membro della segreteria nazionale del Partito comunista italiano. In un articolo apparso su Studi cattolici (587/2010) e anticipato da Avvenire il 2 febbraio scorso, l’autorevole esponente della sinistra italiana, professore ordinario di Diritto civile a Perugia, approfondisce il discrimine che separa i diritti individuali dalla dimensione sociale e spiega perché «la “questione del crocifisso” non deve essere isolata dal grande tema della necessità di reagire alla tendenza alla disgregazione individualistica del tessuto sociale». Parole che mostrano la capacità di superare gli steccati e di analizzare con serenità i problemi.
Alcuni docenti hanno anche fatto notare ai propri alunni che la «Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza» (del 1989) dichiara tra l’altro che l’educazione deve mirare a «sviluppare nel fanciullo il rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del Paese nel quale vive, del Paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua» (art. 29, c) [corsivo nostro].
In sostanza, uno Stato non è tenuto a nascondere i valori che lo caratterizzano storicamente sul piano religioso e culturale. Anzi, è ragionevole che proprio tali valori siano posti alla base della formazione dei giovani. Ed è per questo che nei mesi scorsi si sono levate molte voci, dai diversi schieramenti, per sottolineare che il crocifisso costituisce il simbolo di una religione che ha avuto un ruolo di prim’ordine nella storia dell’umanità e che è parte essenziale della tradizione di numerosi Paesi. 
In questa prospettiva Cesare Salvi sottolinea due modi diversi di intendere la tutela dei diritti nel mondo contemporaneo: «Una logica individualistica, per la quale ogni pretesa, richiesta, punto di vista del singolo assume la veste giuridica del diritto umano fondamentale; e [...] una logica sociale, che gradua la tutela alla luce dell’interesse di cui si chiede la protezione e del bilanciamento con altri interessi, condotto alla luce dei valori che fondano la convivenza, tra i quali l’identità nazionale, intesa come tradizione storico-costituzionale. L’Europa è oggi al bivio tra queste due concezioni» [corsivo nostro].
«La pretesa di impedire all’Italia l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche», scrive Salvi, «si inserisce allora in un ampio e inquietante contesto: la dimensione “sociale” scompare, e con essa la necessità del bilanciamento di valori, interessi, “diritti”».
Venendo adesso al secondo tema, quello della distribuzione dei preservativi nelle scuole, non si può non sorridere di fronte al contrasto tra lo spessore delle considerazioni precedenti e la discutibilità di certe scelte pedagogiche: un liceo di Roma ospiterà le macchinette automatiche per evitare l’imbarazzo dei giovani nell’acquistarli in farmacia e per contribuire alla loro formazione nella lotta all’Aids.
Molti docenti non hanno difficoltà a offrire agli studenti l’abbondante materiale che evidenzia come sia illusorio, sul piano scientifico e su quello educativo, cercare per questa strada la soluzione all’Aids. Sull’argomento, per fare solo qualche esempio, alcuni citano la rivista Lancet (marzo 2008) o il Cochrane Database Review Institute.
Entrambi i temi (soprattutto il primo) potranno trovare un certo spazio anche nei cicli scolastici inferiori, con adeguati necessari adattamenti (soprattutto il secondo) alla situazione degli alunni; situazione che va conosciuta dall’insegnante prima di trattare pubblicamente gli argomenti. Sempre, comunque, converrà mantenere per quanto possibile un filo diretto con le rispettive famiglie per coordinare gli interventi educativi.

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