domenica 18 dicembre 2011

UNA MUSICA DI SOTTOFONDO

di Sergio Fenizia
Pubblicato sul mensile Fogli, n. 373, settembre 2011, pp. 12-13.

"Malaise dans l'éducation nationale", del disegnatore francese
Emmanuel Chaunu su un aspetto dell'evoluzione delle rela-
zioni tra famiglia e scuola. E' a rischio la "musica di
sottofondo"? Fonte: http://chaunu.fr/pages/collector
Quando ho saputo che un’alunna di prima classe non era stata ammessa alla seconda in una scuola primaria di Lacco Ameno, a Ischia, ho subito pensato alla sofferenza con cui i suoi insegnanti avranno preso tale decisione, e alla fatica con cui avranno educato e istruito per otto mesi questa piccola alunna. Le informazioni diffuse dalla stampa non sembrano sufficienti per giustificare una valutazione adeguata dell’operato dell’istituto ischitano e dei genitori, né tanto meno per scandalizzarsi del fatto che la maturazione di una bambina possa essere ritenuta non sufficiente per una determinata classe.
Come ogni insegnante, ho conosciuto da vicino situazioni analoghe. Posso immaginare, quindi, le speranze che avranno animato i tentativi di personalizzare l’azione didattica, gli sforzi per individuare i consigli più adatti da offrire ai genitori per il lavoro a casa, l’impegno per realizzare un’azione educativa che sia frutto di scelte anche collegiali.
Non mi è difficile credere che anche alle colleghe di Lacco Ameno sarà capitato qualche volta di svegliarsi al mattino con la gioia di avere colto durante il sonno un’ennesima idea utile per l’alunna.
Una visione troppo ottimistica? Forse, ma la preferisco ad altre che sono ormai stantie e non incoraggiano chi si dà da fare in una scuola che, come istituzione, perde sempre più credibilità.
Chi non fa questo mestiere o chi lo realizza senza una vocazione professionale specifica, difficilmente può capire quali risvolti abbia la responsabilità educativa. Pensare al bene degli alunni, spesso, è come una musica di sottofondo che ti accompagna per le 24 ore del giorno.
Sebbene la musica sia piacevole, le vacanze di Natale, quelle di Pasqua e soprattutto quelle estive, con i loro preziosi tre lunghi mesi, sono una manna che consente quello stacco necessario a ossigenare bene la testa e il cuore, per tornare con energie rinnovate a un lavoro meraviglioso che molti affrontano con una soddisfazione così intensa che lo farebbero anche gratis, se non avessero bisogno di quei pochi soldi per vivere (in periodi di crisi economica forse dobbiamo dire «per sopravvivere», soprattutto se ci sono figli da mantenere).
Accanto a quello degli insegnanti, c’è il dolore dei genitori, che non potrà certo essere lenito da una (sia pur «favorevole») decisione del Tar.
C’è poi la sofferenza dell’alunna, che andrebbe aiutata a cogliere nella misura del possibile il senso del suo vissuto in una prospettiva, però, realistica (ogni essere umano ha capacità differenti, pregi e difetti, «bocciare» non è sinonimo di «punire» ecc.), evitando che questa delicata azione educativa di genitori e insegnanti venga soffocata dalle dissertazioni sulle responsabilità di chi – in un’ottica che non ci appartiene – «avrebbe dovuto metterla in condizione di passare in seconda».
Infine c’è il dolore di chi, come il sottoscritto, vorrebbe dire all’orecchio di quei genitori: «Per l’amore che avete per vostra figlia, in futuro cercate sempre una soluzione cordiale di fronte alle inevitabili incomprensioni che a volte si danno tra genitori e insegnanti. Non buttate a mare – il bel mare dell’“Isola verde” – una delle principali risorse che avete per costruire il futuro della bambina: fare fino in fondo la vostra parte per alimentare una collaborazione leale con le maestre.
È vero che ci sono insegnanti pigri o ignoranti, ma è raro che (anche) questi non si commuovano di fronte alla fiducia che un alunno e suoi genitori manifestano di riporre in loro. E scoprirsi depositari di una tale fiducia è spesso una molla potente per decidersi ad affrontare il proprio mestiere con la massima professionalità di cui si è capaci. Se poi il livello ancora non vi soddisferà, o se questa fiducia non l’avete, allora cambiate scuola».
Commentando la vicenda, Isabella Bossi Fedrigotti ha scritto sulle pagine del Corriere della sera che «fino a una quarantina di anni fa […] c’era l’abitudine di dividere i bambini in classe secondo il profitto, i più bravi nella prima fila di banchi, quelli così così nella seconda e gli asini nell’ultima, dove, più o meno abbandonati a sé stessi, continuavano a restare indietro, tanto che il divario tra loro e i compagni bravi non faceva che aumentare. Soltanto con il passare del tempo si è voluto capire che un bambino di sei anni, per quanto asino e ribelle, ha così tante potenzialità che, se seguito con affetto e attenzione, può diventare in pochi mesi il primo o poco meno: una spugna allo stato naturale, capace di assorbire la lezione come tutti gli altri suoi coetanei. È per questo che la bocciatura della bambinella ischitana ci mette o dovrebbe metterci a disagio».
Pur riconoscendone il sostanziale fondo di verità, riteniamo che le parole dell’attenta commentatrice possano indurre a generalizzare in modo un po’ eccessivo, da una parte, un difetto (peraltro non superato) di alcuni insegnanti e, dall’altra, la situazione dei cosiddetti normodotati.
Condividiamo maggiormente, invece, il passaggio in cui scrive: «Numerosi sono coloro che […] obiettano: anche in passato le maestre erano uniche eppure se la sbrigavano con classi affollatissime. Vero, però sappiamo bene che i bambini di un tempo erano assai più rispettosi dell’autorità dei loro coetanei di oggi» [il corsivo è mio].
Mi sembra che si tocchi qui un punto centrale. Premesso che l’autorevolezza è una qualità in cui ogni insegnante può crescere, bisognerebbe domandarsi in che misura il rispetto per l’autorità possa essere trasmesso agli alunni a prescindere dall’aria che respirano in famiglia. Poiché è in famiglia che certe qualità mettono radici, alcuni ritengono che oggi, accanto all’educazione-istruzione degli alunni, il lavoro dell’insegnante dovrebbe recuperare una dimensione sempre più urgente: sostenere i genitori nel loro compito educativo.

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