martedì 19 giugno 2012

COMPITI A CASA & AMORE PER LA VERITÀ


Fonte: "Fogli", n. 381, p.8
di Sergio Fenizia
Si riproduce, con lievi differenze, l’articolo pubblicato sul mensile Fogli, n. 381, maggio 2012, pp. 8-9

Com’è noto, il 2 aprile scorso la Fondazione Agnelli ha reso pubblici i risultati di un’indagine sulla capacità delle scuole superiori (di Piemonte, Lombardia, Emilia e Calabria) di preparare agli studi universitari.

Sono stati analizzati i risultati di profitto e rendimento agli esami universitari di oltre 145.000 diplomati iscritti al primo anno accademico in atenei (solo) italiani.

Tra le scuole della Lombardia, i dati, che sono disponibili sul sito www.fga.it, vedono al primo posto l’allora I.T.C. per geometri «P. Di Rosa», un istituto non statale del comune di Desio. Non statale è anche quello che risulta essere il miglior liceo classico di Milano, l’istituto paritario «Monforte» del circuito Faes, che adotta il modello single-sex schooling.

Tuttavia, nel complesso e in base ai parametri scelti, a parte alcuni casi di eccellenza, pare che la performance della maggior parte delle scuole statali sia stata più soddisfacente delle paritarie.

In riferimento a un altro tema dibattuto in queste settimane, i compiti a casa, non ci meraviglierebbe scoprire che le scuole che «preparano meglio» coincidano con quelle in cui si dà la giusta importanza al fatto che, in luoghi e tempi diversi, gli studenti si esercitino su ciò che è stato fatto in aula e, soprattutto, verifichino attraverso un lavoro autonomo il proprio livello di comprensione e di competenza.

La questione di compiti a casa non può essere risolta con l’imposizione di una prospettiva unilaterale. Va affrontata nel dialogo tra famiglie e insegnanti, come è stato messo in evidenza nella puntata del 10 aprile di Nel cuore dei giorni, un programma di Tv2000, visibile in streaming sul sito www.tv2000.it.

I genitori più «estremisti» chiedono che l’impegno dei figli si esaurisca all’interno dell’orario scolastico, soprattutto durante le vacanze natalizie o pasquali.
Gli alunni, da parte loro, considerano i compiti una seccatura o un divertimento, ma spesso anche un’occasione per «incassare» l’apprezzamento di compagni e/o docenti.
Per la maggior parte degli insegnanti, invece, la verifica dei compiti svolti a casa è un momento importante della relazione educativa: «I compiti servono agli studenti e devono farli gli studenti, non le mamme o le nonne», ha sottolineato nella trasmissione la professoressa Belotti (docente di lettere alla scuola media) e autrice del blog “Labiondaprof”.

Per contribuire alla riflessione, a titolo di esempio riportiamo sinteticamente il caso di due bambini di quarta primaria.

Quel giorno il maestro li aveva corretti collettivamente e li aveva commentati singolarmente, chiamando ciascun alunno alla cattedra. Uno di loro, ritenuto «bravo», aveva ottenuto un buon voto. Il compito, però, era stato svolto sostanzialmente da un adulto e il bambino, che era stato un mero esecutore, si era sentito dire sottovoce: «Ottimo lavoro! L’hai fatto tu o ti ha aiutato qualcuno?».
«Beh... mi ha aiutato un po’ X [una persona della famiglia]».
«Bene. Sono contento che me lo dici. Allora [sorride] dobbiamo fare i complimenti anche a X. La prossima volta, però, devi farli senza aiuti, altrimenti i voti “salgono” ma le tue capacità “scendono”, e quando sarai da solo non saprai come sbrigartela».

L’alunno annuisce. Torna al posto ostentando soddisfazione per la nota positiva e mostra a tutti il quaderno ben aperto: un bagno di pacche sulle spalle e di complimenti! Quando gli sguardi dei compagni non sono più puntati su di lui, il bambino appare pensieroso. Il tarlo dell’incertezza sulle proprie capacità comincia a disturbarlo, così come il rendersi conto che l’adulto di riferimento a casa lo aveva spinto a fare qualcosa che – se ne rende benissimo conto – «non andava bene»: presentare un compito perfetto, ma non suo.

Alcuni adulti dimenticano che lo studente, anche se giovanissimo, deve essere educato anche ad amare la verità su sé stesso, sul proprio ruolo nella società, sul proprio lavoro. Il riconoscimento della verità è la base più sicura per la serenità e la sicurezza di un alunno.

Una dimensione da valorizzare è quindi anche questa: la capacità di apprezzare la soddisfazione che deriva da un lavoro fatto con impegno e realizzato con le proprie forze. 

Devono averlo capito i genitori dell’altro protagonista. In quella stessa circostanza, la valutazione del suo compito, incompleto e scritto con una grafia che lui stesso decifrava a fatica, era stata espressa da un voto mediocre.
Dal maestro si era sentito dire: «Bravo. Hai fatto meno errori rispetto al compito precedente».
«Sì, maestro... Senti, io però non ho capito questa cosa… e nemmeno quest’altra».
«Ah, sono contento che me lo dici. Bravo». Il bambino ripercorre il ragionamento assieme al docente. Poi si sente dire: «Allora… la prossima volta metteremo un bel voto! Cerca di curare meglio la grafia e, soprattutto, di svolgere in modo completo il compito. E di chiedere i chiarimenti al momento della spiegazione, anziché il giorno dopo».

Il bambino è soddisfatto, ma torna al posto a occhi bassi, silenzioso e con il quaderno chiuso: non gli va che i compagni vedano il suo «brutto voto».
Tuttavia, poco dopo il viso acquista un’espressione distesa, che lascia trasparire una certa sicurezza: è abbastanza consapevole dei propri (normali) limiti, conosce la direzione in cui muoversi. È contento di essere migliorato. Si è consolidata la sua fiducia nell’insegnante.
E se il desiderio di «farlo contento» non è una molla sufficientemente forte, comunque, lo attira molto la prospettiva di imparare a fare meglio le cose… e di tornare al posto con il quaderno ben aperto e in vista.

Un fugace scambio di occhiolini sigilla, a distanza, due accordi segreti (che andranno continuamente rinnovati, con pazienza e speranza)… e tornarono a casa felici e contenti… tutti e tre.

4 commenti:

  1. Ciao Sergio.
    In generale, ho sempre il timore che all'università arrivi gente davvero impreparata, senza un metodo di studio, ignara dei costrutti basilari dell'italiano e della matematica e incapace di sapersi organizzare. Inoltre, spesso la scuola è inadeguata di fronte alle nuove generazioni e ai mutamenti socio-culturali della nostra epoca, oltre ad essere lontana da certi standard di livello, con il risultato che davvero i nostri alunni risultano ignoranti e ben poco competitivi sul piano europeo. Detto questo, bisognerebbe far riscoprire il gusto dello studio e l'importanza dell'istruzione e saper presentare i concetti di sempre in forma rinnovata. E su questa base si innesta anche il discorso dei compiti, rivelatore dell'atteggiamento con cui si vive la scuola. Non sono per il carico eccessivo di lavoro a casa, ma sono comunque a favore del fatto che lo studente debba necessariamente vivere un momento in cui sia solo a confrontarsi con il lavoro da svolgere. Assolutamente fuori luogo i genitori che fanno il lavoro al suo posto, l'aiuto fornito dovrebbe semplicemente indirizzare sulla strada giusta, ma fare le cose al suo posto veicola il messaggio che l'importante è l'apparenza e questa deve essere impeccabile...non credo che questo contribuisca a formare un individuo consapevole e a fargli acquistare sicurezza e autostima.

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  2. Grazie del commmento, Monica.
    Sono d'accordo con te quando sottolinei la necessità di abituare gli alunni ad affrontare da soli difficoltà, per altro - si spera - ben calibrate dagli insegnanti, e quando indichi nell'amore disordinato per l'apparenza una delle cause di atteggiamenti sbagliati verso i compiti a casa.

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  3. Buonasera Prof.,
    bello e direi anche tenero il ritratto che ha dipinto dei due alunni i quali, in modo diverso, hanno comunque fatto un altro piccolo passo verso la maturità.
    I compiti a casa spesso sono un carico eccessivo, però devo anche ammettere che questo carico, se ben distribuito dai docenti, non è poi così gravoso (dai docenti eh? Perché sono loro che devono coordinarsi e poi assegnare il lavoro a casa, ci mancherebbe che a fronte di "un chilo e mezzo di compiti" (assegnati anche per il giorno dopo stesso) come dice mio figlio, poi la colpa è degli alunni che "devono imparare ad organizzarsi"...)
    Le dico: fino allo scorso anno , mi creda, i compiti di mio figlio erano un ammasso di cose per due o tre giorni di seguito. Poi il vuoto. Poi ancora "un chilo e mezzo di compiti" e così via.
    Ora, come Le dicevo , affronta la seconda media e vuoi è più maturo, vuoi sono cambiate due professoresse e relativi metodi didattici (lettere e matematica), noto che i compiti sono meglio distribuiti e che non provocano scoramento dopo pranzo (ore 15,00) dopo sei ore di lezione ( uscita ore 14).
    Comunque pienamente d'accordo sulla non opportunità di svolgere i compiti al posto dei figli, anche se (e qui spezzo una lancia pro genitori) a volte i Suoi "colleghi", come si dice da noi, "sclerano" un bel pò e sparano raffiche di pagine ed esercizi, specie per le vacanze durante l'anno scolastico (Natale, ponte di Ognissanti, Pasqua, Immacolata. Qui a Roma ci salviamo per la Festa del S. patrono che , cadendo il 29 giugno, ci trova in vacanza già da 15 giorni...alle prese con i compiti delle vacanze!!!!! ).Alla fine fanno venire la tentazione di farli te i compiti e lasciare in pace 'sti ragazzi o di fare una mega giustificazione clamorosa, farcita di particolari strappalacrime!
    In merito al voto di apparenza, concordo dato che ho assistito a scene del seguente tenore: mamme fuori scuola, dopo la pagella, a rimproverare aspramente i figli perchè avevano preso un voto più basso del compagno o compèagni di classe che vanno sbandierando in giro il voto, o addirittura (visto con i miei occhi, udito con le mie orecchie) ragazzi che escono piangenti da scuola per un brutto voto. e che sarà mai! Se non c'è errore non si impara, se non c'è caduta non saprai mai dov'è l'ostacolo. Il voto, come ebbi a dire ad una maestra, lascia il tempo che trova, determinato com'è anche dagli umori del momento, di entrambi, docente e discente.
    Mi scusi se, come sempre, abuso un pò del Suo spazio. Ma argomenti interessanti richiedono che si spendano due parole in più.
    Grazie e buona serata.
    Paola

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  4. Buonasera Paola.
    Le sono grato per la condivisione delle sue esperienze.
    Le rispondo con un po’ di ritardo a causa degli impegni legati all’inizio dell’anno scolastico.
    Non si può che essere soddisfatti quando gli alunni realizzano, come lei stessa ha riconosciuto, “un altro piccolo passo verso la maturità”. Favorire questi passi è uno dei nostri obiettivi.
    Sulla necessità per i docenti di coordinarsi affinché il lavoro assegnato per casa sia ben distribuito, ha certamente ragione. Ma, se è vero che gli alunni "devono imparare ad organizzarsi", occorre riconoscere che lo sviluppo di tale capacità richiede, almeno ogni tanto, di affrontare situazioni difficili, come quelle che derivano dallo “sclerare”, come lei dice, di qualche insegnante. E’ certamente poco formativo ammassare sistematicamente molto lavoro in pochi giorni e non assegnare nulla in altri. Ma nella loro negatività, anche tali situazioni costituiscono un’opportunità di crescita.
    Inoltre, occorre tenere presente che alcuni insegnanti tarano la mole dei compiti anche in base alla quantità e all’intensità del lavoro svolto a scuola. Quindi, in caso di dubbio, conviene sempre chiedere qualche delucidazione agli insegnanti, i quali, tra l’altro, potrebbero anche non essersi resi conto della cosa ed essere grati per la segnalazione.
    Buona domenica.

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Grazie del commento. Sarà pubblicato appena possibile.