Pubblicato
sul mensile Fogli, n. 392, aprile 2013, pp. 8-9
Il coraggio. Ecco un tratto peculiare del carattere di don Pino
Puglisi. Non la temerarietà, perché la paura lui la conosceva.
Tale coraggio si manifestava innanzitutto nella fedeltà al
Magistero della Chiesa cattolica, in un contesto sociale e culturale che
spingeva in altra direzione. Infatti, nonostante le radici profondamente
cristiane, anche nella società siciliana degli ultimi vent’anni del secolo
scorso era necessaria una tempra notevole per resistere alle seduzioni di una fede
«fai da te». Una fede che oggi si direbbe «adulta», nel senso deteriore del
termine che allude all’atteggiamento di chi non dà ascolto alla Chiesa,
scegliendo in modo autonomo ciò in cui vuole credere.
Ma don Pino, la cui solenne beatificazione avrà luogo il 25
maggio prossimo, al Foro Italiaco (Palermo) [e non allo stadio Renzo Barbera, come era previsto], alla presenza di decine
di migliaia di fedeli, non perdeva tempo a criticare atteggiamenti che non
condivideva. Preferiva impiegarlo per fare il bene, senza fronzoli e lontano
dai riflettori.
Di fronte al presunto «coraggio» di chi attaccava gli
insegnamenti perenni della Chiesa, lui sorrideva compassionevole, consapevole
che per tali attacchi non ci voleva un gran «coraggio», visto che si poteva
contare sul sicuro applauso del pubblico, e sull’eco della maggior parte dei
mass media.
La «fede adulta» che piaceva a don Pino era quella predicata da
san Paolo, che contraddice gli schemi del mondo e che si esprime nel non-conformismo,
nel non correre in modo infantile dietro alle mode del tempo.
Tutto ciò si rifletteva anche nel suo ruolo di professore. Aveva
iniziato a insegnare in un istituto professionale nel 1962. Dopo una lunga parentesi
alle scuole medie, era poi tornato alle superiori. Nel 1978 era approdato al
prestigioso liceo classico Vittorio Emanuele II, dove lavorò fino al 15
settembre 1993, quando venne ucciso sotto casa, nel giorno del suo compleanno.
Le sue lezioni di religione manifestavano coraggio perché erano lezioni.
Perché erano di religione. Perché erano di religione cattolica.
In quegli anni, infatti, non era scontato che nell’ora di religione si facesse
davvero lezione. Era più facile che si svolgessero dei «confronti», meno
impegnativi per docenti e discenti. Non era infrequente che, in barba al
programma, si discettasse di temi che nulla avevano a che fare con la
formazione prevista (e con quella che i genitori si aspettavano che i loro
figli ricevessero).
Con tono pacato, non si limitava ad animare dibattiti in aula.
Insegnava. Insegnava in base a quanto previsto dal suo contratto di lavoro: docente
di religione cattolica. E nessuno si sentiva offeso per questo, nemmeno gli
eventuali studenti non praticanti, perché lui, da buon prete cattolico qual
era, con le braccia aperte a tutti, non imponeva la verità, la mostrava.
Questa professionalità, vissuta controcorrente, con fatica, ma
con gioia, era innervata da uno spirito apostolico che lo portava anche ad accettare,
con obbediente docilità, incarichi pastorali come quello di parroco della
chiesa di San Gaetano, a Brancaccio, nel settembre del 1990, o quello di
direttore spirituale del corso propedeutico presso il seminario arcivescovile di
Palermo, nell’ottobre del 1992. Che cosa non avrebbe fatto per trasmettere,
soprattutto ai giovani, quel suo amore per il Signore e per il celibato
sacerdotale...
Lo stesso amore per Cristo e per la Chiesa, che lo spingeva a
essere nelle aule e nei corridoi del suo liceo un testimone credibile tra
studenti e colleghi, lo spronava a dare prova di coerenza cristiana anche tra
le famiglie della sua parrocchia.
Tra le famiglie solide – la maggior parte – e tra quelle che con
difficoltà cercavano di affrancarsi dalle lusinghe (o dal giogo) di
organizzazioni criminali, che lui non temeva, ma da cui era invece temuto. Non per nulla, a differenza di quanti parlavano e scrivevano di
cose inutili (ma alla moda e «redditizie»), l’ormai prossimo beato Pino Puglisi
ha conquistato la palma del martirio con la propria fedeltà, con la propria
serietà, con il proprio carattere forte.
A conferma di quanto scritto, ecco un’inedita testimonianza, a
oltre vent’anni di distanza. Guido Vassallo, laureato in lettere classiche, un master in
sceneggiatura, e un’originale attività di «Wedding novels» da lui ideata,
ricorda: «Ha insegnato religione nella mia classe quando frequentavo il quarto
ginnasio. Era puntuale e preparava le lezioni. Vestiva da sacerdote, con il
clergyman, che indossava con molto decoro».
Per quanto riguarda la didattica, l’ex alunno precisa che don
Pino Puglisi «insegnava proprio religione cattolica. Ci fece comprare un libro
di religione che parlava della fede con una impostazione culturale. Ricordo
ancora alcune lezioni sulla storia del popolo di Israele e su pagine storiche
dell’Antico Testamento».
Quanto all’atteggiamento degli studenti nei sui confronti, «pur
avendo un carattere mite era rispettato e ascoltato dai miei compagni. Invece, i
professori di religione che abbiamo avuto negli anni successivi, che sembravano
più “giovanili” e che potevano apparire vicini al mondo degli adolescenti, in
realtà non venivano presi in altrettanta considerazione da noi studenti».
Si interessava anche dell’anima dei suoi alunni, infatti,
«quell’anno con la scuola seguimmo una preparazione alla Pasqua dal taglio
molto spirituale e durante l’attività mi colpì particolarmente il raccoglimento
con cui padre Puglisi celebrò la santa Messa».
Infine, «parlava poco di sé ed era molto discreto. Non
raccontava cose – almeno io non le ricordo – delle sue attività esterne alla
scuola. Proprio per questo, forse, per noi fu molto scioccante la notizia della
sua uccisione». Una notizia che ha risvegliato la consapevolezza che la
criminalità organizzata, ancora prima che con le leggi dello Stato, va
combattuta con la legge dell’amore. Una legge che alimenta una logica virtuosa,
che lungi dal pretendere l’eroismo dagli altri, porta a offrire sé stessi per la
società, per gli amici… e per i nemici.
Il suo stile semplice, essenziale, autentico ne fanno un vero santo dei nostri tempi! Il suo non era l'eroismo da romanzo, ma una fede convinta e una vera passione per l'uomo, che hanno saputo creare uno spiraglio da cui far entrare la luce di Dio.
RispondiEliminaHai ragione, Monica: un eroismo non "da romanzo", ma - aggiungo - da persona normale. Un eroismo quindi imitabile da ciascuno di noi, soprattutto nella sua dimensione di fedeltà ai perenni insegnamenti della Chiesa.
RispondiEliminaCiao Sergio, una bella pagina di ricordi. Perché lo ricordo bene il giorno in cui fu ucciso don Puglisi, nell'ambito delle associazioni era molto conosciuto e apprezzato per l'impegno sul territorio. Il confronto (benché sia morto in circostanze diverse, ma non meno tragiche) era sempre con don Tonino Bello. Stessa età, stessa formazione, stesso amore per gli ultimi, stesso anno di morte. Io sono salentina... e sono cresciuta con la presenza di quest'ultimo, le definivamo 'vite da carico eccezionale' (gli 'eroi' che ci mostravano la strada, com'erano stati per altri versi Falcone e Borsellino)!
RispondiEliminaE quando tu dici 'normale' dici vero: in fin dei conti è nella normalità che hanno vissuto, insegnato. La loro straordinarietà è stata essere straordinari nell'ordinario, quell'ordinario che ci sembra eccezionale perché non fa parte più di noi.
Un abbraccio: Maria Rita
Sì, Maria Rita. L'essere “straordinari nell'ordinario” per don Puglisi consisteva nell'obbedire al suo Vescovo, nel celebrare con raccoglimento la Santa Messa, nel coltivare con pazienza la vita interiore propria e quella dei giovani (e meno giovani) che orientava spiritualmente e che aiutava nel discernimento della propria vocazione, ecc. In sintesi era un prete che faceva il prete. Questa è stata la sua grandezza.
EliminaBuongiorno prof. Fenizia, dopo tanto tempo La leggo con piacere su Google+, specialmente su un argomento così importante.
RispondiEliminaConcordo in pieno: la straordinarietà sta nel saper camminare senza farsi distrarre dalle "sirene", ma confidando nella certezza della Verità.
Avete avuto un grande spirito nella vostra bella terra di Sicilia, un'anima venuta ad illuminare un pezzo di strada...
Buon proseguimento, buone vacanze e a presto con i Suoi interessanti articoli.
Un caro saluto.
Paola
Grazie, Paola, e buone vacanze anche a lei.
EliminaHa proprio ragione. E' stata una grazia avere avuto don Pino Puglisi nella bella terra di Sicilia. Una grazia e, quindi, una responsabilità. Di questo siamo tutti più consapevoli da quando la Chiesa l'ha iscritto nell'elenco dei martiri.